lunes, 23 de noviembre de 2015

LA SPOSA USURPATRICE

La complessità e la difficoltà della vicenda sono da intendere in questa fiaba come l’arduo lavoro di elaborazione del lutto da parte della protagonista femminile, e la difficile umanizzazione nel protagonista maschile. Figure femminili disseminano ostacoli – la sposa usurpatrice, impediscono se intesi a dovere possono – figure femminili li rimuovono o li superano – 
E se escono tesori dalla nocciola, dalla noce e dalla mandorla ricevuti in dono lungo il cammino, bisogna sacrificarli senza esitare, anche se niente ci garantisce il successo: le galanterie se le prende la regina usurpatrice che alloppiando il vino del re gli impedisce di sentire la povera Ginevra. Ma cosa sono le galanterie? Tra il 2006 e il 2007 a Palazzo Pitti si è potuto vedere quel che resta della straordinaria collezione di galanterie di Anna Maria Luisa dei Medici, che da Düsseldorf le portò a Firenze, quando nel 1716 rimase vedova dell’Elettore Palatino. Oggetti preziosi per l’arte e i materiali, talora veri e propri gioielli, accrescono la loro magia nelle fiabe, dove escono da una noce e saltano autonomamente. La fiaba popolare custodisce spesso segreti tesori di cui nemmeno lo stesso narratore è consapevole, perché in un altro tempo qualcuno possa goderne. 

 La giovane continuò tristemente a piangere, a camminare... fino a riempire i 7 fiaschettini di lacrime, consumare i vestiti le mazze e le scarpe e raggiungere la piazza reale. Lì aprì la mandorla e, come consigliato dalla vecchietta le vendette alla regina guadagnando la notte con lo sposo.
    Quella sera i servi l'avevano ubriacato per ordine della regina e la ragazza quando entrò in camera disse: - Son Ginevra bella che per te ha consumato 7 vestiti di ferro, 7 scarpe di ferro, 7 mazze di ferro e ha riempito 7 fiaschettini di lacrime -
Lui non si accorse di niente perché stava dormendo. Il giorno seguente la Ginevra aprì anche la nocciola e ne uscì così splendore che la regina ne fu abbagliata e le comprò, la ragazza guadagnò di nuovo una notte con il suo fidanzato.
Quella sera lui era ancor più ubriaco della notte precedente e la ragazza quando arrivò ripetè le stesse parole ma passò inosservata senza ottenere niente. (Anonimo/a)

    Il re infatti veniva fatto addormentare con un sonnifero messo nel vino e la sera la ragazza era introdotta nella sua stanza e vigilata fino all'alba. In queste ore il re, nelle prime due notti non si svegliò e non poté così udirla piangere:

    "Sono la tua sposa
    che per ritrovarti,
    ho consumato 7 scarpe di ferro
    7 vestiti di ferro
    e ho riempito 7 boccetti di lacrime"
    (Anonimo/a)

    Il giorno seguente Ginevra schiaccia la noce, vengono fuori bellissime galanterie, tutte luccicanti e la regina le chiede: "cosa vuoi in cambio di queste galanterie?" e Ginevra: "una notte con il re" e la regina accetta.
    Un servo fedele aveva detto al re, quello che faceva la regina al vino, allora il re ordinò di non drogare il proprio vino. Infatti arriva la regina e ordina "drogate il vino del re", ma i servi drogano il vino della regina.
    La sera il re mangia, beve e va a letto, fa finta di dormire a mezzanotte arriva Ginevra che dice: "Sono io, Ginevra bella tua, ho consumato sette paia di scarpe di ferro, sette vesti di ferro...". In quel mentre il re apre gli occhi e Ginevra contenta dice: "Amore mio, ti sei svegliato" e nel mentre era la regina che si era addormentata. (S.)

    Il re si ricordò di lei e gli propose di fuggire insieme e di prendere tutte le ricchezze. Ginevra accettò, così se ne andarono.
    Quando la mattina seguente la regina si svegliò trovò tutte le stanse vuote e non trovò più suo marito e morì dal dolore.
    Nel frattempo il re e Ginevra arrivarono all'altro castello dove la mamma li aspettava con ansia e così vissero tutti felici e contenti.(El.)
Nessuna guardia aiuta a stare sveglio il principe alloppiato, legato a una figura femminile che accumula ricchezze, anziché donare per lui tutte le meraviglie che escono da una mandorla, una noce, una nocciola, ricevute nel cammino doloroso della perdita. Perché è così che sono le fiabe, che solo al nostro sguardo cieco e al nostro orecchio poco sensibile possono apparire storielle moralistiche o sempliciotte: è la speranza, che nasce dalla cura per il desiderio, a rendere possibile il cammino, non la certezza di realizzarlo. È il coraggio di lasciare tutto per camminare lungo la propria vita che fa muovere verso la meta, non una mappa disegnata da altri. E chi non abbia avuto una guardia che vigilava, un momento nella veglia, nella coscienza, capace di interrompere quel sonno alloppiato, avrà la percezione poetica, splendida, di Ginevra che lo chiama, ma come in sogno: la relazione eterosessuale ed esogamica che nelle fiabe è rappresentata dalle nozze regali gli resta inaccessibile. Giosuè Carducci nella sua poesia, come quasi tutti gli adulti e i vecchi, ricorda dell'infanzia il senso di verità e di bellezza, ma non apre alla speranza che l'eredità della cultura sia fonte di ricchezza e di gioia. La fiaba che il poeta ricorda si ferma prima del finale, nel canto struggente di Ginevra accanto al re addormentato. Ciò che la cultura rimuove per mantenere la sua infelicità è anche il finale della fiaba che nell'ascolto ci fa sorridere ed esultare.
Non è mai certa la meta per chi desidera e cerca: ma è impraticabile per chi, preso dalla sfiducia, non intraprende il cammino.
Come recita il frammento CXIX di Eraclito:

    nell'insperato
    chi non spera
    non troverà
    poiché non ha traccia
    né passo



Eine andere Art von Zwangsschlaf findet ihren Ausdruck regelmäßig durch einen Schlaftrunk, der verabreicht wird, und zwar in dem Motivzusammenhang der vergessenen Ehefrau des Typs 425 A. Dort hat die junge Frau ein Verbot übertreten, infolgedessen wird der Mann ihr entrückt, und er hat sie vergessen. Am Ende sucht sie sich dem Schlafenden wieder ins Gedächtnis zu rufen durch die nächtliche Schilderung ihrer Suchwanderung oder durch die Anrufung des gemeinsam Erlebten. In den ersten beiden Nächten vernimmt der Mann nichts; denn seine jetzige Braut reicht ihm, nachdem sie der ersten Frau gegen eine Kostbarkeit die Nacht verkauft hat, abends einen Schlaftrunk. Nur die Diener tragen ihm am Morgen eine verworrene Kunde zu von der nächtlich klagenden Frau. Am dritten Abend meidet er den Trunk, vernimmt selbst die Klage, die Erinnerung kehrt ihm zurück, und das Paar hat sich damit wiedergefunden.

Schläferische Taubheit, vernehmendes Wachsein gegenüber den Erinnerungsworten sind in dieser Weise ganz sachlich verknüpft - der Sinn dieses Ablaufs aber scheint doch verborgener zu sein. Mit unwiederbringlichen Kostbarkeiten erkauft sich das junge Weib die Nächte von der zweiten Braut - statt auf eine praktische Weise entweder selbst dem Manne aufzulauern oder ihm in Gestalt von Worten oder Zeichen Kunde von sich zu übermitteln, ein Dienst, den sie ja ebenfalls leicht hätte erkaufen können. Auch sollen es ohnehin die Diener gewesen sein, die ihm den Hinweis auf die Klagende gegeben haben. lhre absonderliche, dem Anscheine nach umständliche oder unzweckmäßige Verfahrensweise muß auch einen sachlichen Grund haben, und der liegt eben darin, daß der Appell an den gemeinen Tagesverstand des Mannes sein Ziel nicht erreichen würde, was in der oben Seite zitierten irischen Fassung auch klar zu Tage liegt. Die Frau muß versuchen, durch die Nacht den Zugang zu seinem auf jeden Fall, ob mit oder ohne Trunk, schlummernden Gedächtnis zu finden, muß suchen, die in umnachtete Tiefe abgesunkene Gemeinsamkeit der Erinnerung wieder ins Tagesbewußtsein zu heben. Indem die zweite Braut, die dämonische Gefährtin in der Entrückung, den Mann absichtlich in Tiefschlaf versenkt, verhilft sie sogar dazu, den sinnvollen Vorsatz der ersten Frau zu verwirklichen. Auch die horchenden Diener könnte man als eine Teilkraft im Helden selbst auffassen, als ein Bild für sein Ahnungsvermögen, insofern sie dem im Tiefschlaf scheinbar gehörlos Versunkenen eine erste ferne Witterung vermitteln von dem, was in ihm aufdämmern will. - In dieser Szenerie wäre daher der durch den Trunk hervorgerufene Zwangsschlaf alles andere als ein Verschluß für das Miterleben, sondern vielmehr ein Zauberschlaf, der gerade zum Aufschließen der verkapselten Erinnerung verhilft.

Sehen wir uns veranlaßt zu behaupten, daß die Suchwanderin notwendigerweise die Verbindung zum Nachtbewußtsein ihres Mannes herzustellen sucht, dann erinnern wir uns daran, daß die Nacht für das Märchengeschehen uberhaupt eine bedeutsame Rolle spielt. Gewiß geht in den Märchen vieles auch unterm Tageshimmel vor, und wir haben schon gesehen, daß dies nicht etwa bedeutet, es verliefe das Geschehen in leibhaft-nüchterner, alltäglicher Weise. Auch im Sonnenschein, gerade auch am hohen Mittag vermag das Geschehen unter den Spiegel des Bewußtseins hinabzutauchen. Aber symbolisch für diese Nachtseite der Natur ist eben auch die Erdennacht, in die das märchenhafte Erzählen manches höchst Wichtige hineinlegt.

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